Recensione del libro di Daniel Gahnertz, Empty Title Space, Roma, La Ruota Edizioni, 2018, pp. , Euro 8,00.
Empty Title Space rappresenta la più recente fatica letteraria del poeta svedese Daniel Gahnertz, e segue di tre anni la precedente silloge di haiku Non senza titolo, pubblicazione che ho avuto il piacere di recensire per le pagine di Cinquesettecinque a marzo 2016.
Il libro, edito da La Ruota Edizioni di Roma, si presenta come un’opera in doppia lingua (inglese e italiano) decisamente matura, mostrando al contempo una chiara continuità non solo stilistica, ma soprattutto concettuale, con la precedente. La prima, nitidissima percezione che si ha già ad una rapida lettura, tuttavia, è quella di trovarsi di fronte ad un lavoro dove lo sviluppo poetico centrale si dipana a partire da due direttrici estetiche, la levità di dettato o karumi 軽み e quella visione sorridente ed equanime propria dell’okashimi おかしみ.
Così, mentre la prima – forte anche di un registro espressivo diretto ed immediato, ma soprattutto spontaneo – segna un deciso allontanamento da ogni ricostruzione artefatta o pretestuosa, dipanando un dialogo tra poeta e natura privo di filtri e adulterazioni (Strange bird – / a car door / left open; Strano uccello – / la portiera della macchina /lasciata aperta), la seconda attenua la linea di demarcazione tra forme e stili profondamente diversi tra loro, giacché cardine estetico comune (sebbene diversamente finalizzato) sia allo haiku che al senryū 川柳; e infatti non mancano, accanto ad opere cariche di quel sentimento stagionale (kikan 季感) fulcro della simbiosi tra poeta e realtà (Fireflies / in the lake / reflections of stars; Lucciole / nel lago /riflessi di stelle), opere dai toni decisamente più “umani”, specchio tragicomico o, all’opposto, simpatizzante di stati d’animo e situazioni condivisibili ed universali:
Old couples / without grandchildren / meet with their dogs
Coppie anziane
senza nipoti
si incontrano con i cani
Da un punto di vista prettamente stilistico, Gahnertz pare prediligere la resa segnica dello stacco (kire 切れ) mediante ricorso alla lineetta (“–“), come ormai di consuetudine non solo tra i poeti anglosassoni, ma anche nostrani; lo schema metrico, invece, solo raramente (e probabilmente, quale mero seguito di traduzione) aderente al modello 5-7-5 (Foglie d’autunno – / fresco odore giallo / dalla finestra), si svincola da quest’ultimo per abbracciare costruzioni più libere, spesso vicinissime (anche per contenuto) al modello gendai 現代, mantenendo comunque sempre un’attenzione al particolare e ad ogni più piccola manifestazione del reale (mono no aware 物の哀れ), come peraltro ci ha abituati in Non senza titolo.
Anche il riferimento stagionale (kigo 季語), talvolta diretto e immediato e talaltra “implicito”, manca invece in diversi componimenti; in questi casi, il costrutto pare generare comunque un sentimento poetico ben marcato, focalizzato su un certo termine (od espressione) che funge da epicentro immaginifico, non diversamente dalle keywords di Kaneko Tohta (1919-2018):
Church bells tinkle – / the stillness / before a thunderstorm
Suono di campane della chiesa –
la quiete
prima di un temporale
laddove, ad avviso di chi scrive, il ruolo di termine-pivot viene giocato, anche strutturalmente, dal sostantivo stillness (qui tradotto come “quiete”), che a conti fatti enfatizza il contrasto tra il movimento oscillante delle campane e la temporanea immobilità dell’aria, presto destinata a spezzarsi per l’arrivo del temporale.
L’ambientazione lirica dei 53 componimenti che animano le pagine di Empty Title Space è quella romana, vista sotto una duplice ottica, volutamente rimarcata da Gahnertz e sottolineata dal diverso approccio individualistico agli accadimenti quotidiani; così, siamo in grado di rivivere l’esperienza di un Daniel svedese conscio (ed orgoglioso) del proprio portato scandinavo (Chiacchierata romana al bar – / mi sento così a nord /di tutte le lingue) accanto a quella di un Daniel ormai “romanizzato” a tutti gli effetti:
100 kilometers /north of Rome /I dream of Rome
100 chilometri
a nord di Roma
sogno Roma
In conclusione, Empty Title Space, nel confermare le poliedriche doti poetiche del suo autore – capaci di spaziare da una visione “modesta” e diretta del reale a una più elaborata, ma pur sempre focalizzata sul soggetto (o meglio, sulla sintesi soggetto-oggetto) – convince per la persuasività del dettato lirico e per la sua capacità di coniugare a livelli di eccellenza forma e contenuto, preservando lo spirito originario del genere haiku indipendentemente dalla struttura metrica prescelta, proprio come un rigoglioso torrente che si adatta alle asperità dell’alveo in cui scorre, sereno e imperturbabile.