Una lettura di Snow in a Silver Bowl. A Quest for the World of Yūgen di Hiroaki Sato (Red Moon Press, 2013, pp. 122, $ 12).
Snow in a Silver Bowl è un saggio del 2013 scritto dal professor Hiroaki Sato, noto studioso di letteratura giapponese e traduttore, nonché Past President della Haiku Society of America (HSA) dal 1979 al 1981, il cui scopo è quello di indagare le origini e i tratti distintivi dello yūgen 幽玄, principio estetico di fondamentale importanza nell’arte nipponica, e dunque anche nell’approccio allo haiku.
Tradotto, in genere, come “oscuro e indistinto”, questo termine viene fatto risalire al VI-VII secolo, periodo di forte penetrazione della cultura (e del pensiero) cinese in Giappone. Più nel dettaglio, secondo Sato, l’origine dello yūgen risiederebbe in tre fondamentali direttrici culturali: il Taoismo (in particolare, nel valore dell’”ineffabile” espresso nel Daodejing 道德經), la poesia giapponese di epoca Heian e il teatro Nō 能, letto alla luce di principi codificati da Motokiyo Zeami (1363-1443 circa).
Così, partendo da un’analisi etimologica e ideografica del termine, il cui significato letterale corrisponderebbe a “oscuro e difficile da distinguere”, Sato inizia un’attenta e minuziosa lettura delle fonti storico-letterarie, iniziando con Mibu no Tadamine e il suo Tadamine Juttei 忠岑十体 (“Dieci stili di Tadamine”) del 945, nel quale yūgen viene associato ad un sentimento naturalistico ma al contempo profondamente umano (pentimento, delusione, frustrazione, sempre rigorosamente celati nel profondo), sino ad approdare al Sasamegoto ささめごと del monaco e maestro di renga 連歌 Shinkei (1406-1475), opera nella quale quel “senso di profondità e mistero” è associato a «ciò che non viene espresso interamente, senza una logica precisa», enfatizzando conseguentemente i valori della suggestività e dell’omissione nella stesura di un’opera.
Sato analizza dunque le origini e gli sviluppi del teatro Nō, rinvenendo ulteriori declinazioni dello yūgen nello stile, nelle movenze e nell’aspetto degli attori, in particolare laddove questi si fanno portatori di «una bellezza semplice e ricca di grazia» (Kakyō 花鏡, 1424).
Di particolare interesse, peraltro, la disamina che l’autore fa in merito all’associazione tra l’estetica propria dello yūgen e le tre figure femminili che animano la scena del Genji monogatari 源氏物語, ossia Lady Rokujō, Aoi no Ue e Yūgao, definite dallo stesso Zeami «gioielli tra i gioielli» nonché, appunto, tra le più sublimi incarnazioni dello yūgen.
Lo scritto ha dunque il pregio di portare alla luce la complessità esegetica stessa del termine, e in specie le molteplici letture ed interpretazioni che di esso possono essere date; yūgen, infatti, è considerato tutto ciò che è oscuro e indefinito, ma può essere anche riferito a qualcosa di antico ed appassito (in associazione ad altri canoni estetici come, ad esempio, il sabi 寂), sino ad approdare al concetto di karei yūgen 花麗幽玄di Nijō Kaneyo (1250-1338), ossia di quello “yūgen dell’eleganza rigogliosa” tanto importante nella produzione di waka 和歌.
Snow in a Silver Bowl è un’opera che, di fatto, s’inscrive pienamente in quel percorso di ricerca che ha ormai reso il professor Sato una delle figure critiche più autorevoli ed influenti dell’epoca contemporanea, grazie anche al pregevole lavoro editoriale di Jim Kacian e della sua Red Moon Press, che proprio attraverso la collana Haiku Theory propone percorsi di studio sempre aggiornati, scritti imprescindibili sia per chi si avvicina per la prima volta alla letteratura e alla poesia giapponese sia per chi cerca spunti di approfondimento autorevoli e puntuali.