Il ramo del susino

Recensione della raccolta Karumi. Haiku & Tanka di Fabrizio Frosini, Amazon Media EU S.à r.l., 2015, Euro 2,99 (versione e-book).

Karumi. Haiku & Tanka di Fabrizio Frosini è un’opera composita, che si distingue dalle altre sia per il considerevole numero di componimenti presenti (246 tra haiku, senryū e tanka), sia per gli interessanti approfondimenti che aprono il lavoro. In particolare, nella nota introduttiva La poesia giapponese a cura dello stesso autore, questi propone al lettore un excursus storico sulle principali forme poetiche giapponesi dal VI secolo ai giorni nostri, unitamente ad una sintetica ma esaustiva disamina dei caratteri – sia formali che sostanziali – di haiku, senryū e tanka.
Estremamente apprezzabile come, in controtendenza rispetto alla maggior parte degli pseudo-esperti di poesia giapponese che popolano, in particolar modo, i social network italiani, il Frosini dimostri di aver compreso la natura e gli scopi del genere senryū 川柳, che non è un mero haiku privo di kigo 季語, ma un genere completamente diverso, con una propria dignità letteraria e caratterizzato da una sagace penetrazione nell’animo umano, talvolta ironica e talaltra profondamente sentimentale e, a tratti, commovente.
Le opere vengono proposte dall’autore in tre distinte Sezioni, una per ciascun genere poetico, con predominanza, in termini numerici, di tanka (132 componimenti).
Caratteri dominanti dei componimenti in forma haiku sono la delicatezza delle immagini proposte (shiori しをり) e la levità del sentimento (karumi 軽み) che traspare dai versi, i quali si legano tra loro, in prevalenza, secondo una toriawase 取り合わせ resa nella forma armonizzante della torihayashi とりはやし:

Vedo la barca
Issare vele bianche –
Ciliegi in fiore

Lo schema in diciassette sillabe e tre versi, tipico degli adattamenti occidentali del genere, viene rispettato aderendo ad un computo sia metrico che ortografico, con prevalenza di quest’ultimo. Le eccezioni al modello, pur presenti, paiono tuttavia giustificate dall’esigenza dar voce a quell’afflato poetico (fūryū 風流) che guida l’autore attraverso le fasi del distacco (rizoku 俚俗) e dell’immersione estetica (tanbi 耽美) e che segna, di fatto, il discrimine tra mero spettatore e fūryūjin/haijin:

S’alza il vento
Si spoglia nel tramonto
Il ramo del susino

Il taglio (kire 切れ) che marca, al contempo, una sospensione semantica e ritmica del discorso poetico, viene resa mediante l’impiego dei segni d’interpunzione e un uso estensivo della lineetta o “trattino lungo” (“‒”), ma non mancano esempi di haiku in cui la giustapposizione d’immagini è evidente pur senza una sua rappresentazione grafica.
In questa prima Sezione, l’eterno e il contingente (fueki ryūkō 不易流行) si fondono armoniosamente, contribuendo a definire uno stile poetico aperto e consapevole, saldamente ancorato al dato naturalistico (shizen 自然) ma attento, al contempo, alla dimensione umana del mondo, al qui e ora dello haijin che, divenendo un tutt’uno con l’oggetto del suo poetare, è in grado di cogliere il soffio vitale di ogni elemento, maturando così la sua innata capacità di lasciarsi “attraversare dalle cose del mondo” (mono no aware 物の哀れ).
Dalla lettura dei vari componimenti emerge con nitore quella «bellezza austera, da assaporare nella calma» (Tollini) che, di fatto, tratteggia un altro principio cardine dell’estetica haikai, ossia il wabi 侘. Questa calma – forma viva di quell’allontanamento dal mondano visto in precedenza e che prende il nome di rizoku – si propaga fino al lettore, permettendogli di fare esperienza della profondità e mistero (yūgen 幽玄) che circonda ogni sillaba dello haiku, ogni sua oscillazione nel senso che inesorabilmente si spegne nel vuoto (ma 間).
Di fatto, quello del Frosini è uno stile decisamente “classico”, lontano, per concezione, da forme che possano approssimarsi a una dimensione gendai 現代. Ciò è tanto più evidente nella terza e ultima Sezione del libro, ossia quella dedicata al genere tanka 短歌.
I moti d’animo del poeta, qui liberi di svilupparsi in maniera più esplicita, si legano pur sempre a un sentimento stagionale (kikan 季感) chiaro e mai pretestuoso, ma assumono, al contempo, una forma vivida e conclamata. La vicinanza con temi e immagini propri della tradizione giapponese – in particolare, con le waka 和歌 rinvenibili nel Kokin Wakashū 古今和歌集 del X secolo, è altrettanto evidente, ma non inficia l’originalità complessiva dell’opera, che si conferma frutto di uno studio attento e paziente dei classici, pur senza rinnegare la dimensione presente vissuta dall’autore:

T’ho aspettata
Nel chiarore lunare
Del primo quarto.
Quando non sei venuta
Ho amato la luna.

Il moscone mi
Ruota stretto intorno:
Forse un segno
Di primavera per lui –
O dell’inverno per me?

Utile e ben strutturato, in chiusura d’opera, il Glossario dei termini, delle opere e degli autori citati nell’Introduzione, cui fa seguito un breve quiz elaborato dallo stesso autore (che, in nota, lo definisce un semplice divertissement) per meglio far comprendere le differenze tra haiku e senryū.
Una prova letteraria, quella del Frosini, che in conclusione merita certamente attenzione, specie per quanto concerne l’apparato introduttivo e le ampie Sezioni che accolgono i componimenti in forma haiku e tanka. Nel mare magnum di pubblicazioni in lingua italiana dedicate alla poesia giapponese spesso prive di reali spunti di riflessione, questo libro non deluderà le aspettative del lettore più attento ed esigente.

Recensione originariamente pubblicata su Cinquesettecinque.com il 16 febbraio 2016.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *