Commento critico allo haiku di Andreina Pilia, pubblicato sulla pagina Facebook del Gruppo di studio sullo haiku il 6 luglio 2018.
Sabbia bollente
Il frammento mancante
di una conchiglia
Con questo haiku estivo, Andreina Pilia riesce a creare un senso di sospensione decisamente pregevole, uno spazio vuoto (ma 間) che apre al lettore una pluralità di suggestioni difficili da esprimere a parole, ma capaci di produrre un riverbero chiaro e incontrovertibile (yoin 余韻).
Lo stacco a cavallo dei vv. 1-2 è reso mediante ricorso alla lettera maiuscola a inizio del rigo mediano, e sostanzia una giustapposizione che armonizza e rafforza reciprocamente le due immagini.
Vi è infatti un legame innegabile tra i due ku 句, laddove la sabbia, prodotto dell’erosione di rocce e di conchiglie, rimanda a una figurazione evolutiva compiuta in cui la distesa battuta dal sole restituisce il calore in modo costante, opprimente e decisamente passivo, senza alcuna variazione che tradisca un principio volitivo.
Tale volizione, o movimento, viene tuttavia realizzata grazie all’aggettivo “mancante” posto al termine del secondo verso, il quale implica una “sottrazione” originaria (verosimilmente data dall’insistenza delle onde sulla battigia) e una “riscoperta” successiva (hakken 発見) del frammento; si hanno dunque, al contempo, una compenetrazione poetica nel mistero del presente (emoiwazu えも言はず, ossia l’“indicibile”) e una naturale ma consapevole accettazione dello stesso, in un contesto ricostruttivo caratterizzato da una presenza individuale attenta ma discreta, che scandaglia con sottigliezza (hosomi 細身) e profondità (yūgen 幽玄) ogni minima variazione del dato reale, senza mai adulterarlo.
Il lavorio del mare, che ha spezzato le geometrie di un oggetto tanto bello quale la conchiglia, fa propria l’estetica del fukinsei 不均整, di quell’irregolarità, strettamente connessa al wabi 侘, che non rappresenta la demolizione del “bello” ma, all’opposto, una sua trasformazione in qualcosa di più autentico, intimo e personale.