Recensione del libro heads or tails di Jörgen Johansson (Red Moon Press, 2018, pp. 64, $ 15,00)
«Non insistere nel voler riportare subito il momento [di ispirazione]; lascia che esso respiri, che viva. Lascia che ti riveli se è uno haiku, una qualche altra forma poetica o qualcosa di inesprimibile.» Con queste parole, l’editore e critico Jim Kacian, nel suo How to Haiku (Red Moon Press, 2006) intende fornire al lettore gli strumenti per cogliere appieno quello che, in America, viene definito “haiku moment”, ossia l’istante – unico ed irripetibile – nel quale il poeta, divenuto un tutt’uno con la realtà circostante, si lascia da questa attraversare (mono no aware 物の哀れ), cogliendone ogni minima variazione e creando, così, le condizioni necessarie affinché possa nascere un autentico haiku.
Il poeta svedese Jörgen Johansson ha decisamente appreso questa lezione, e con heads or tails – terza raccolta dell’autore edita proprio dalla Red Moon Press – ce ne dà dimostrazione, attraverso un linguaggio poetico caratterizzato da un profondo senso di novità e freschezza (atarashimi 新しみ) nel quale l’individuo-poeta, pur senza mai rinnegare la propria individualità, si apre al mondo con semplicità e cuore sincero (magokoro 真心), accordando il proprio sentire alle evoluzioni del momento presente.
La silloge si compone di due parti: la prima racchiude poco più di una trentina di scritti in sola lingua inglese, mentre la seconda, decisamente più contenuta, offre al lettore anche una versione in svedese. In entrambe, il conteggio sillabico non segue il tradizionale schema 5-7-5 (teikei 定型), ma vi si allontana nella misura in cui tale distanza contribuisce a far aderire la forma espressiva (sugata 姿) al proprio slancio naturale e al messaggio che essa intende veicolare.
La risultante è un’opera limpida, vibrante, perennemente in bilico tra gli estremi, esattamente come una moneta lanciata in aria che non ha ancora rivelato l’esito della scommessa:
wind and rain
letting the leaves be
on my parents’ grave
vento e pioggia
lascio le foglie sulla tomba
dei miei genitori
In diversi passaggi Johansson pare rimandare al concetto, coniato da Kaneko Tohta (1919-2018), dell’ikimonofũei 生き物諷詠 (“composizione poetica sulle cose viventi”), valorizzando una “percezione del vissuto” ampia e mai preconcetta nella quale ogni cosa – oggetti inanimati compresi – possiede una precisa dignità, un germe di vita che può svilupparsi solo a partire dalla relazione con l’”altro”:
breaking news
a fly on a fly
on the computer screen
ultime notizie
una mosca su una mosca
sullo schermo del computer
In tale contesto, heads or tails ha l’innegabile pregio di introdurre il lettore ad una visione aperta ed onnicomprensiva del quotidiano, visione che tuttavia non reca una fisionomia ben precisa ma, all’opposto, una complessità a tratti insolubile (yūgen 幽玄), una rifrazione perenne del vissuto che lascia tracce di sé in ogni cosa, giacché sua origine primordiale:
summer evening
taking my time
in the maze
sera d’estate
prendo il mio tempo
nel labirinto
Anche il linguaggio, come anticipato, gioca un ruolo fondamentale nell’apprezzamento complessivo di questa silloge. In particolare, ciò che colpisce è la semplicità di dettato e l’assenza di qualsivoglia pregiudizio “narrativo”, unitamente ad un senso di leggerezza (okashimi おかしみ) che permette all’autore di consolidare ulteriormente il “legame di vissuto” con il lettore, concedendosi talvolta qualche sana confidenza:
a quickie…
the meadow
in my pockets
una sveltina…
il prato
nelle mie tasche
Heads or tails è, dunque, l’ennesima riconferma delle ottime capacità poetiche di Jörgen Johansson, un autore che merita di essere seguito per gli interessanti sviluppi che il suo linguaggio potrà produrre nel panorama haiku internazionale, contribuendo ad alimentare anche nel Nord Europa un interesse sempre crescente nei confronti di questo genere poetico, e segnatamente verso i gendai haiku 現代俳句.