Intervista a Jan Benson

L.C.: Come prima cosa, vuoi presentarti e raccontarci chi sei e cosa fai nella vita?

J.B.: Sono una scrittrice e una poetessa. Il mio quotidiano consiste nel leggere, scrivere, insegnare, studiare e inviare i miei componimenti per la pubblicazione.
Ho frequentato l’università e conseguito due lauree; una in contabilità, l’altra in studi sociali con abilitazione all’insegnamento.
In seguito, grazie alle amicizie universitarie, mi sono avvicinata ad alcuni poeti ed artisti di Fort Worth e sono diventata una performer e recitatrice.
La poesia non era una strada così ovvia per me. Quando mi sono diplomata al liceo, il mio linguaggio principale era la musica. L’inglese era una materia che avevo difficoltà a comprendere ed ero particolarmente perplessa a causa delle sue sfumature grammaticali. Posso dire, in tutta onestà, che allora ero veramente poco letterata, leggendo molto poco e scrivendo solo quando ciò veniva richiesto come compito scolastico.
All’età di diciannove anni, mi resi conto che potevo cambiare questa situazione, e così comprai un dizionario e mi abbonai ad alcune riviste di interesse. Quindi, in pratica, sono stata una lettrice autodidatta!
Parlando di scrittura, ho prodotto molto poco, tranne qualche poesia in rima che, naturalmente, ho tenuto nascosta. Tuttavia, quando è nata mia figlia, ho iniziato a tenere un diario, soprattutto durante i suoi primi cinque anni di vita. Ho poi proseguito per conto mio fino a quando, a sessantadue anni, ho subito un trauma cerebrale.

L.C.: Quando ti sei avvicinata allo haiku per la prima volta?

J.B.: Nel 1999 mi imbattei in un gruppo di poeti di Fort Worth che si dedicavano allo haiku. L’ho trovato molto interessante, così iniziai a seguire i loro seminari.
Dal 2001 al 2010 ho vissuto e lavorato nella Carolina del Sud, e allora scrivevo poco. Nell’ottobre del 2010 mi sono ritrasferita in Texas, rigettandomi nella poesia come se il tempo non fosse mai trascorso. Fu allora che presi la decisione di studiare haiku.
Il trauma cerebrale che mi ha colpito nel 2014 mi ha costretta ad abbandonare la poesia, la lettura e ogni altro interesse letterario. Le numerose sedute di logopedia di quell’anno mi hanno aiutata a recuperare la capacità di linguaggio, ma l’afasia ha continuato a tormentarmi. Tuttavia, ne sono certa, lo haiku mi ha in qualche modo permesso di rinforzare sia l’emisfero destro che quello sinistro, e ho potuto riprendere a studiare e scrivere poesie brevi.
La fortuna mi ha arriso quando ho scoperto la sezione di studi del forum della Haiku Foundation, e subito mi sono lasciata coinvolgere da questa comunità di haijin e studiosi.

L.C.: Che cos’è per te lo haiku? Come lo descriveresti a un amico che non ne ha mai sentito parlare?

J.B.: Dal mio primo contatto ad oggi, trovo che lo haiku sia una terapia ristoratrice. Potrei dire che è stata la mia salvezza. La sfida lungo il sentiero dello haiku risiede nel fatto che non arrivi mai alla sua fine, mentre ti sforzi costantemente di migliorare la tua abilità, le tue idee e la tua tecnica.
Come molti altri lungo il sentiero, ti immergi nel momento in cui ti trovi e continui a leggere, a condividere con altri e ad imparare.
Lo haiku è qualcosa di misterioso, quindi trovo estremamente difficile provare a spiegarlo a qualcuno che non ha percorso quello stesso sentiero. Più che descriverlo, suggerirei a quella persona di procurarsi una raccolta di haiku ed assorbire il lavoro di quel poeta.

L.C.: Quali sono stati gli insegnamenti, le letture e gli autori che più ti hanno influenzata?

Qui mi prendo un po’ di libertà nel rispondere.
Ogni filosofia socio-politica è fortemente influenzata dagli scritti di Cornel West, Bell Hooks, Vine Deloria Jr., Clarissa Pinkola Estes ed Elie Wiesel.
Ritengo che le influenze femministe nei miei lavori siano Audre Lorde, Gwendolyn Brooks, Alice Walker, Ntozake Shange, Toni Morrison, Rita Dove, Lucille Clifton, Anne Sexton e Sylvia Plath.
Diversi anni fa ho frequentato un corso (un “campo di addestramento” haikai) tenuto da un noto maestro di haiku moderni e mi è stato fornito un gran numero di consigli di lettura e fonti, cui continuo a rimandare tutt’oggi. Devo ammettere che prediligo una gestalt di questo tipo a qualunque altra metodologia macchinosa od approccio “passo dopo passo” nell’apprendere lo haiku.
Se dovessi menzionare un’opera introduttiva per neofiti di haiku, sarebbe A Poet’s Guide di Lee Gurga. La capacità di Gurga di confrontare uno haiku scritto male con uno ben elaborato è piuttosto efficace.
Un altro libro sarebbe The Wonder Code di Scott Mason, per la presentazione di haijin di comprovata esperienza, prolifici e contemporanei, così come per il suo approccio strutturale allo haiku.
Sono stata talmente impegnata a leggere giornali e riviste mensili o trimestrali, che ho dedicato poco tempo a raccolte individuali.
Tuttavia, nell’ultimo anno, sono riuscita a ritagliare per queste raccolte lo stesso tempo che avevo dedicato ad antologie e riviste.
The Haiku Foundation ha un vasto archivio di libriccini, molti dei quali ho letto. Quello a cui torno sempre è Black Horse Running di Clare McCotter. Quando ho scoperto questo libro, mi sono imbattuta anche nelle opere del poeta Charles Simic. Questa combinazione ha portato ad un’epifania di “oscurità ed ombra”, elementi che sono entrati successivamente nei miei haiku e che sono tutt’ora presenti.
Altre raccolte di haiku che mi hanno influenzata sono quelle di Debbie Strange, Carolyn Hall, Toni Piccini, Andy McLellan, Gabriel Rosenstock, Ben Moeller-Gaa, Elmedin Kadric, così come gli e-book presenti sui siti web di Bones e Yavanika Press. Tutti hanno saputo combinare con successo i fondamenti dello haiku con un’esplorazione pionieristica nel campo degli haiku in lingua inglese.
Il mio consiglio come “libro dell’anno” per il 2018 è stato Best of Paper Lanterns (i primi dieci numeri di Sonic Boom), intitolato anche The Arithmetic of Sparrows.

L.C.: Quali pensi saranno gli sviluppi futuri dello haiku in lingua inglese?

J.B.: Rispetto molto la traiettoria seguita dalla World Haiku Association (Giappone) sotto la guida di Ban’ya Natsuishi, e continuo ad essere un membro di questa Organizzazione.
È stato detto che lo haiku in lingua inglese è l’unico genere, nella letteratura occidentale, in costante crescita ed espansione, sia a livello di lettura che di espressione.
Nell’ultimo decennio, l’invio di opere in digitale ha aumentato notevolmente le opportunità di pubblicazione all’interno di un’ampia varietà di riviste specializzate che operano nel campo dello haiku, combinando ad esempio poesia e fotografia, arti visive o musica. Ogni volta che nasce un nuovo luogo aggregativo, l’ELH (English Language Haiku) cresce. Sebbene ci sia ancora la necessità di studiare le nozioni di base dello haiku (per comprendere pienamente il suo DNA), il potenziale di espressione di questo genere poetico continua ad espandersi, e con esso la popolarità dell’ELH.

L.C.: Ti ringrazio nuovamente per il tempo che hai voluto dedicare a questa intervista. In chiusura, ti va di condividere con i lettori tre dei tuoi haiku?

J.B.: Ti ringrazio, Luca, per il gentile invito:

spring snow-melt
forgetting where
the pain is buried

disgelo primaverile
dimentico dove
è sepolto il dolore

#FemKuMag numero 2, 2018 e Per Diem, The Haiku Foundation, ottobre 2018

tidal flats
the quarter-tones
of a sandpiper

piane di marea
il quarto di tono
di un piovanello

Primo classificato (haiku in lingua straniera) al Premio Letterario Internazionale Matsuo Basho, IV edizione, 2016 (Associazione Italiana Haiku)

the thrum
of stars in my bones
hadron collider

il picchiettare
delle stelle nelle mie ossa
collisore di adroni

Blithe Spirit – Journal of the British Haiku Society, 26:4, inverno 2016

English version: https://www.lucacenisi.net/an-interview-with-jan-benson/

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