Lettura critica di uno haiku di Stefano Riondato del 30 agosto 2019.
Via Lattea –
una stella cadente
ci tiene insiemeThe Milky Way–
a falling star
keeps us together
Questo componimento riesce ad universalizzare il sentimento che deriva da un’esperienza individuale del poeta attraverso il ricorso ad un’immagine decisamente classica nella letteratura giapponese. La Via Lattea o ama no gawa 天の川, infatti, oltre ad essere la galassia in cui si trova il nostro pianeta, rappresenta quel ‘fiume celeste’ che separa la principessa Orihime e il suo amato Hikoboshi nella storia popolare cinese Il mandriano e la tessitrice (Niulang Zhinü 牛郎織女), giunta in seguito in Giappone e talmente radicatasi nella cultura di questo Paese da essere celebrata ogni anno in occasione della ‘Festa delle stelle’ (Tanabata 七夕), il 7 luglio.
Il contrasto tra separazione (wakare 別れ) e ricongiungimento (saikai 再会) viene dunque reso in maniera decisamente convincente da movimento della stella cadente nel cielo notturno, tracciando un segno nitido e sottile nella vastità del creato, quasi a formare un ponte (hashi 橋) che possa permettere ai due amanti di riunirsi in un breve abbraccio.
Molte altre culture, tuttavia, condividono una visione spiritualmente orientata della Via Lattea; secondo alcune di queste, essa sarebbe la dimora temporanea delle anime in attesa di reincarnarsi, mentre per altre rappresenterebbe il concetto stesso di eternità e ciclicità, data la sua forma a spirale.
Secondo la mitologia greca, la galassia (galaxías Γαλαξίας) sarebbe stata invece originata da una goccia di latte materno di Era, finita in cielo a seguito di un maldestro tentativo di Zeus di farle nutrire il figlio illegittimo Eracle. Un contesto decisamente meno romantico, il cui collegamento con l’opera in esame potrebbe essere fatto risalire proprio alla figura chiave del ‘bambino’ (con possibile rimando alla stella di Betlemme, per quanti volessero individuare una sottesa dinamica religiosa) e, dunque, di una nuova vita in arrivo nella quotidianità di una coppia che si era ormai abituata alla sola reciproca presenza.
Aderendo alla lettura d’esordio (personalmente più evocativa e convincente), si può comunque ipotizzare che il poeta abbia voluto rimarcare la sua verità: nonostante la brevità e fragilità della vita terrena (rappresentata proprio dall’astro cadente, depositario di desideri), due persone destinare a stare insieme si ritroveranno sempre e comunque, forse in altra forma, forse in altri mo(n)di.
A catalizzare l’attenzione del lettore è quel filo sottile che spinge ai margini, quella tensione all’infinito che si cela in una prospettiva irriducibilmente umana (fūkotsu 風骨), recuperando il valore autentico di uno hosomi 細身 (‘sottigliezza’) che non si limita a delineare una teoria di spazialità, ma un insieme di figurazioni e sentimenti inespressi o inesprimibili, sovrapponendosi infine – grazie a un sapiente gioco di rifrazioni interne – all’oggetto poetico.
Da un punto di vista strutturale, l’opera segue la consueta scansione in 5-7-5 sillabe metriche, con sinalefe al verso 3 (tie | ne^in | sie | me). È presente una marcatura segnica a cavallo dei vv. 1-2 (kireji 切れ字), che formalizza una giustapposizione armonizzante (torihayashi とりはやし) dalla chiara sfericità, aprendo peraltro il fianco ad una possibile associazione formale con il rigo d’esordio che vede proprio in quella lineetta (“–”) un frammento di tracciato celeste.
La ferrea rifrazione data dalla reiterazione della consonante ‘t’ viene stemperata dall’affiancamento delle vocali ‘a’ (ampia e distesa) ed ‘e’ (serena e riverberante, specie in ‘insieme’), contrapponendosi al morbido raddoppio in ‘stella’ che, di fatto, contribuisce ad orientare l’esito interpretativo verso le considerazioni di cui sopra.
Un componimento profondo e decisamente sfaccettato nelle possibili declinazioni interpretative (soprattutto ispiratrici o “di radice”), capace di trasmettere un senso di unità tra ambiente ed emozioni (keijō itchi 景情一致) alla luce di un sentimento al contempo personale ed universale, proponendo un collegamento stagionale variabile che copre la parte centrale dell’estate sino alle prime fasi autunnali, ossia quel periodo dell’anno in cui la Via Lattea è maggiormente visibile nella sua interezza.
Immagine: Tsukioka Yoshitoshi, La luna della Via Lattea (1886)