Nota critica alla raccolta Il Pino e il bambù di Margherita Petriccione (Mnamon Editore, 2019, pp. 120, Euro 12,00).
Il pino e il bambù è la silloge d’esordio di Margherita Petriccione, apprezzata haijin italiana che negli ultimi anni ha conseguito numerosi riconoscimenti a livello internazionale e consolidato la propria presenza all’interno delle principali riviste di settore.
L’opera si compone di due sezioni: la prima racchiude 171 componimenti in forma di haiku, mentre la seconda presenta al lettore 34 tanka 短歌. I testi sono inoltre accompagnati da alcuni scatti fotografici di Francesca Mele e disegni della stessa Petriccione, che danno accesso a inedite prospettive delle scene rappresentate.
Già ad una prima, rapida scorsa alle pagine saltano all’occhio due peculiarità: il raggruppamento degli haiku non secondo la classica scansione stagionale, ma per mesi, e la molteplicità di forme che questi assumono, spaziando dal monoku al distico, sino a delineare strutture metricamente molto libere e vicine ad una matrice dichiaratamente gendai 現代, come nell’esempio che segue:
cielo grigio
di una primavera tardiva –
la “Grammatica Greca”
rosicchiata dai topi
La crescita dell’autrice accompagna quindi – in questo, come in molti altri testi – una progressione degli eventi spontanea e persistente, libera da archetipi strutturali. Sebbene i costrutti siano ancorati, nella maggior parte dei casi, ad un’estetica di stampo classico, è infatti indubitabilmente la variante metrica a rappresentare uno degli aspetti più caratteristici dell’intera raccolta. Riferimento stagionale (kigo 季語) e stacco (kireji 切れ字) sono invece presenti nella quasi totalità delle opere, così come l’aggancio a una dimensione presente nella quale poeta e reale si dimostrano reciprocamente interdipendenti.
Ne Il pino e il bambù, la sequenza delle immagini veicolate dalle parole riflette un’ampiezza di dettato che è anche ampiezza di respiro, apertura libera e sincera ad un mondo che si raccoglie in gradienti di luce spesso accecanti:
qualcuno resta
ad imballare fieno…
brezza serale
L’utilizzo dei punti di sospensione (…) quale elemento di cesura è invero molto frequente all’interno della silloge; ciò contribuisce, in molti casi, a rendere più morbido il passaggio – o, meglio, la giustapposizione (toriawase 取り合わせ) – da un’immagine all’altra, ma anche ad enfatizzare quel riverbero emotivo (yoin 余韻) che è suo carattere peculiare.
In certi casi, la sovrapposizione di individuo e realtà naturale si palesa attraverso un’identità di aspetto tra i due, definendo una fisionomia necessaria delle cose che, al netto di occorrenze segnatamente individuali, sostanzia un fueki ryūkō 不易流行 coinvolgente e credibile:
la schiena curva
di un’anziana ortolana –
colline verdi
Gli eventi del quotidiano trovano largo spazio nella raccolta; si tratta molto spesso di occorrenze che passano ai più inosservate, ma che la Petriccione registra con occhio penetrante (ugachi うがち) e con una placidità di assetto che lascia talvolta spiazzati:
Ferragosto –
il camion dei cocomeri
gratta una marcia
Un ruolo chiave, come già osservato, nel processo di rappresentazione poetica dell’autrice risiede nell’originalità della giustapposizione, ossia nella capacità di mettere a confronto due scorci di reale apparentemente slegati tra loro, eppure strettamente legati da un filo di consapevolezza che determina l’esatta posizione di ciascuna cosa nel mondo.
L’apparenza è, in questa ricostruzione, solamente una delle molteplici declinazioni del vero, il rovescio di una medaglia osservata in controluce per la durata di un respiro. La Petriccione registra ogni variazione, ogni apertura di diaframma, con cuore sincero (makoto 誠) e libertà intellettuale, indirizzando l’obiettivo dove le suggerisce l’istinto:
già sembra vecchio
il calendario nuovo –
gusci di noce
Ritroviamo infine la stessa disposizione nelle tanka che chiudono il libro e che concedono alla poetessa maggior spazio a suggestioni e sentimenti. Qui il respiro si fa diaframmatico, invogliando a un’introspezione linguistica che, votata più a descrivere che a suggerire il singolo movimento, incoraggia il lettore a cercare una chiave di lettura personale, ossia il collegamento con un’esperienza soggettiva e isolata nel tempo, ma pur sempre ancorata alle forme della natura:
È troppo grande
la luna di stanotte,
riempie il cielo…
Di te resta una lucciola
Che svanisce nell’erba.
Una nota critica che mi ha lasciata emozionata e senza parole per la profondità di analisi e l’empatia che l’ha generata. E’ bello sentirsi compresi al di là dei versi e delle brevi immagini che lo hanno consentito. I miei ringraziamenti più sentiti ed affettuosi Luca!