秋は高し木立はふりぬこのやかた
aki wa takashi kodachi wa furinu kono ya kata
cielo terso d’autunno
un antico boschetto –
e questa capanna! Leggi tutto “Tre haiku di Ryōkan”
秋は高し木立はふりぬこのやかた
aki wa takashi kodachi wa furinu kono ya kata
cielo terso d’autunno
un antico boschetto –
e questa capanna! Leggi tutto “Tre haiku di Ryōkan”
sirijsko primirje
na grad bez krovova
pada prvi sneg
syrian truce
first snow falling on
a roofless town
tregua siriana
sopra una città senza tetti
la prima nevicata Leggi tutto “Tre haiku di Damir Damir”
In questo breve ma lucido saggio, Chiara Ghidini, docente in Lingua e letteratura giapponese presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, nonché autrice dello studio intitolato Aware nel Kokinwakashū: Traduzione poetica e poetica della traduzione del 1995, scandaglia con rigore accademico ma, al contempo, con un linguaggio equilibrato e lineare, l’etimologia e la storia semantica di uno dei termini più ricorrenti nell’estetica letteraria giapponese, ossia aware 哀れ.
La disamina trova, invero, uno specifico approfondimento solo a partire dalla seconda sezione del libro (pp. 41-95), poiché nella prima la Ghidini rimarca (a mio avviso, doverosamente) una premessa esegetica essenziale, ossia la necessità di adottare un approccio alla traduzione di un qualsivoglia testo (specie poetico) in lingua straniera quanto più possibile fedele non solo alla lettera, ma anche allo spirito di quest’ultima: «essere fedeli alla poesia significa percepirne l’essenziale, o ciò che la rende tale, riconoscere nell’atto del tradurre l’instaurarsi di un rapporto tra lingua e lingua, ma anche tra testo e testo, tra visioni del mondo compatibili se pur differenti.» Leggi tutto “L’intima connessione delle cose”
元日やされば野川の水の音
ganjitsu ya sareba nogawa no mizu no oto
primo dell’anno –
ecco, il suono dell’acqua
di un ruscello
春風や堤ごしなる牛の声
haru kaze ya tsutsumi goshi naru ushi no koe
vento di primavera –
il verso delle mucche
lungo gli argini Leggi tutto “Cinque haiku di Konishi Raizan”
酔うてこほろぎと寝ていたよ
yōte kōrogi to nete ita yo
ubriaco
mi sono addormentato
con i grilli
よい宿でどちらも山で前は酒屋で
yoi yado de dochira mo yama de mae wa sakaya de
bella locanda:
da entrambi i lati, i monti,
di fronte, il negozio di liquori Leggi tutto “Cinque haiku di Santōka”
木がらしや目刺にのこる海のいろ
kogarashi ya mezashi ni nokoru umi no iro
vento d’inverno –
sulle sardine resiste
il colore del mare
初秋の蝗つかめば柔らかき
hatsu aki no inago tsukameba yawarakaki
primo autunno –
così soffice tra le dita
la cavalletta! Leggi tutto “Cinque haiku di Akutagawa”
Kaneko Tohta (1919-2018) è stata una delle figure poetiche più significative nel panorama haiku internazionale. Membro di rilievo nel movimento avanguardista del Secondo Dopoguerra, è noto al grande pubblico per essere stato il fondatore della rivista Kaitei 海程 nel 1962, nonché membro attivo e Presidente Onorario della Modern Haiku Association (MHA) di Tokyo sino alla sua morte.
In questo libro – edito dalla Red Moon Press di Jim Kacian e corredato da una pregevole introduzione di Richard Gilbert – Tohta presenta ed analizza, come da titolo, il concetto di ikimonofūei 生き物諷詠 (traducibile come “composizione poetica sulle cose viventi”), in particolare mettendolo a confronto con il kachōfuei 花鳥諷詠 di Takahama Kyoshi (1874-1959). Mentre infatti quest’ultimo pare incanalare l’attenzione dell’osservatore sul solo dato naturalistico in senso stretto (“i fiori e gli uccelli”), considerando l’uomo una figura complementare ma distinta dallo stesso, Tohta ritiene che «se scriviamo haiku unicamente su “uccelli e fiori”, senza includere la totalità della vita, umanità compresa, il nostro registro espressivo si contrarrà di conseguenza», con ciò ritenendo dunque plausibile, oltre che doverosa, l’apertura ad una dimensione finanche soggettiva della realtà, delineando un ideale “nudo e crudo” e non levigato (nama 生) di individuo-poeta (haijin 俳人) capace di ridare allo haiku quella scintilla di umanità che la visione troppo restrittiva del kyakkan shasei 客観写生 (“rappresentazione obiettiva”) di Kyoshi sembrava voler mettere a tacere. Leggi tutto “Umanità e poetica”
松明に雨乞行やよるの嶺
taimatsu ni amagoi-gyō ya yoru no mine
riti di pioggia
alla luce delle torce –
monti notturni Leggi tutto “Tre haiku di Tan Taigi”
The Clay Jar è una raccolta di haiku, senryū e haibun pubblicata nel 2013 dalla poetessa americana Caroline Giles Bank (attiva nel panorama letterario internazionale sin dalla fine degli anni Ottanta), uscita quasi in contemporanea alla forse più nota opera Tigers, Temples and Marigolds, edita nello stesso anno sempre per i tipi della Wellington-Giles Press.
Il libro è suddiviso in due parti o, meglio, in due sezioni: la prima racchiude oltre un centinaio di componimenti appartenenti sia al genere haiku che senryū, mentre la seconda presenta nove haibun, genere nel quale la Banks si cimenta ormai da diversi anni con esiti decisamente positivi.
Come di consueto in una raccolta in lingua inglese, gli scritti appartenenti alla prima sezione non seguono lo schema metrico in 5-7-5 sillabe, ma ne adottano uno più fluido e “libero”, foneticamente aderente al modello breve-lungo-breve, con alcune sporadiche eccezioni che, tuttavia, non scalfiscono l’evocatività delle scene in esse racchiuse. Leggi tutto “Come argilla”
春の海終日のたりのたり哉
haru no umi hinemosu notari notari kana
mare di primavera,
sale… scende…
per tutto il giorno
菜の花や月は東に日は西に
na no hana ya tsuki ha higashi ni hi wa nishi ni
fiori di colza –
la luna a Est,
il sole ad Ovest Leggi tutto “Otto haiku di Yosa Buson”