Il fiore doppio

Recensione del libro Sull’haiku di Yves Bonnefoy, O barra O edizioni, Milano, 2015, pp. 96, Euro 15,00.

La verità della legge cosmica e quella dell’istante umano possono qui legarsi, slegarsi, ricomporsi indefinitamente, in una circolarità che forse, nello spazio della parola, è ciò che più somiglia all’immediatezza alla quale non smettiamo di anelare.

Sull’haiku di Yves Bonnefoy raccoglie quattro contributi dell’autore¹ – noto poeta e critico, recentemente scomparso – scritti in tempi diversi, ma accomunati dal desiderio di approfondire, con taglio lucido e, a tratti, filosofico, le problematiche relative alla traduzione e alla trasposizione di un genere poetico tanto peculiare (qual è, appunto, lo haiku giapponese) nel più ampio contesto culturale occidentale, in specie quello francese.
Così, nel primo contributo, intitolato proprio Sull’haiku, Bonnefoy rimanda al lettore gli elementi per una corretta comprensione dello haiku, ossia l’assenza di qualsivoglia pretesa descrittiva e di giudizio, in favore di uno slancio che predilige un’evocatività scenica volutamente ampia e indefinita, laddove «due aspetti del mondo, o due esseri, vengono accostati […] non tanto perché sono tra loro comparabili quanto, piuttosto, perché l’uno ha partecipato, in quell’istante e per simpatia, all’esistenza dell’altro», con ciò rimarcando la dote di unità che lega da sempre soggetto e oggetto, percipiente e percepito. Leggi tutto “Il fiore doppio”

Il concetto di spazio o “ma”

Principio determinante nella comprensione dell’arte giapponese in generale e, dunque, dello haiku 俳句 è quello dello “spazio” o ma 間. Esso identifica, più in particolare, quell’intervallo che, pur separando due elementi, in qualche modo li unisce, essendo indissolubilmente legato ad entrambi. Così, ad esempio, nell’esperienza poetica dello haiku, l’individuo-poeta (lo haijin 俳人) e la realtà circostante sono entità apparentemente distinte, ma che si riducono, in ultima istanza, ad unità nell’inespresso, in quella bellezza naturale che può essere colta solo attraverso l’interazione stessa tra uomo e natura e che trova il proprio fondamento estetico nell’intuizione e nel suggerito. Scrive, in merito, Richard Gilbert:

L’essenza reale del “ma” non può essere codificata con precisione, poiché “ma” non è né una cosa o un oggetto, né una singola qualità, quanto piuttosto l’esperienza di una psicologica inter-esistenza [betweenness, N.d.T.] che si realizza nella tecnica del kire [il “taglio” operato dai kireji](1). Leggi tutto “Il concetto di spazio o “ma””

Tutte le strade portano a casa

Prefazione alla raccolta di Andrea Cecon, Haibun italiani, Amazon Digital Services Inc., 2014, pp. 42 (Euro 2,64).

«Lasciata la mia dimora, non desidero nulla. Avendo le mani vuote, non temo le insidie del viaggio.» Matsuo Bashō (dall’Oi no kobumi 笈の小文)

Matsuo Bashō (1644-1694), oggi unanimemente considerato tra le voci poetiche più significative di tutti i tempi, era solito definirsi “una foglia in balia del vento”, ovvero un’esistenza nobile ed effimera, una parentesi di luce destinata a tramontare oltre l’orizzonte silenzioso. Nei suoi haibun 俳文 (“scritti haikai”) questo senso di “impermanenza” diviene il leitmotiv dominante nel rapporto uomo/natura, laddove ogni più piccolo (e, all’apparenza, ininfluente) accadimento quotidiano assurge, pur nella propria levità, a specchio dei mutamenti stagionali. Seguendo la via del fūryū 風流 (“soffio del vento”), la voce del poeta si fa dapprima sussurro e poi respiro: il suo tono si rinnova di ora in ora, senza fretta, senza identità, in perfetta simbiosi con la corrente ove “tutto passa e tutto resta”. Leggi tutto “Tutte le strade portano a casa”

Riflessioni sullo stacco nello haiku

Com’è noto, il kireji 切れ字 (letteralmente, “carattere che taglia”) rappresenta lo stacco tra immagini o concetti giustapposti, una pausa/cesura atta a creare un effetto di sospensione, ammirazione o coinvolgimento con il qui e ora naturalistico. Alla soglia «tra il livello semantico e quello musicale-sonoro» (Iarocci), il kireji è elemento essenziale nella composizione di un buon haiku. Nei Paesi anglofoni (in particolare, gli Stati Uniti), il problema della riproduzione di questo elemento sostanzialmente non si pone; alcuni dei più importanti critici e studiosi di letteratura giapponese dell’ultimo secolo come Reginald Horace Blyth (1898-1964), Harold Gould Henderson (1889-1974) e William J. Higginson (1938-2008), infatti, hanno reso lo stacco (kire 切れ) attraverso un uso intensivo dei segni d’interpunzione, ben comprendendo come, in Occidente, le “parole che tagliano” siano fisiologicamente impossibili da trasporre con assoluta fedeltà. Leggi tutto “Riflessioni sullo stacco nello haiku”