Questo articolo ha come finalità quella di analizzare le modalità compositive e di far luce sulle caratteristiche degli haiku monoverso (chiamati anche monoku o, in inglese, one-line haiku). In questo scritto prenderemo in esame come, e in che modo, gli haiku monoverso sono stati introdotti nel panorama letterario internazionale e, successivamente, come sono stati legittimati da un punto di vista storico. Passeremo, poi, ad esaminare la struttura e le peculiarità di questa particolare forma compositiva, mettendo anche in risalto analogie e differenze con gli haiku composti classicamente in tre versi. Vedremo che relazioni sussistono fra i monoku e i monostici (poesie costituite da un solo verso) anche qui attraverso analogie e differenze; proporremo infine la sistematizzazione dei vari haiku monoverso attraverso la loro suddivisione in tre gruppi principali proposta da Higginson (1). Leggi tutto “Gli haiku monoverso, di Antonio Sacco”
Una contestualizzazione del termine “haijin”
All’interno dei vari approfondimenti proposti nel sito si è spesso fatto riferimento, nel descrivere colui che compone haiku, al termine haijin, traducibile letteralmente come ‘persona haiku’¹. In verità, nella lingua giapponese, esistono due varianti in kanji della parola in questione, cui corrispondono altrettanti significati nettamente divergenti. Abbiamo, così, uno haijin 俳人 legato esclusivamente al contesto letterario dello haiku (ed impiegato qualche sinonimo di “poeta esperto”), ed uno haijin 廃人, che letteralmente significa ‘storpio’, spesso usato per indicare coloro che, isolandosi totalmente dalla vita reale per dedicarsi ai videogiochi, provocano a loro stessi una disfunzione o “menomazione” sociale.
Per queste ragioni, coloro che si dedicano con impegno ed interesse alla composizione di haiku, onde evitare fraintendimenti, ricorrono al termine haijin solamente all’interno dei circoli poetici cui fanno parte, preferendo usare, durante le conversazioni sociali e pubbliche, la più generica espressione haiku o tsukuru hito 俳句を作る人, ossia ‘persona che compone haiku’. Leggi tutto “Una contestualizzazione del termine “haijin””
L’onomatopea nella poesia haiku
Nello haiku tradizionale è piuttosto facile imbattersi in componimenti che fanno uso dell’onomatopea. Quest’ultima – anche detta fonosimbolo – consiste, com’è noto, in elementi lessicali (cioè parole o gruppi di parole) volti a riprodurre foneticamente un dato elemento o azione (ad esempio, tic-tac, bau bau).
Reginald Horace Blyth (1898-1964), nel primo volume della sua opera magna intitolata semplicemente Haiku¹, parla proprio del ricorso all’onomatopea da parte di grandi maestri del passato, distinguendo tra tre macro-categorie:
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- parole che rappresentano in maniera diretta un suono mediante l’uso della voce (ad esempio ‘caw caw’ かーかー, ossia il gracchiare del corvo);
- parole che rappresentano un dato movimento od altra sensazione fisica diversa dal suono (ad esempio, ‘uro-uro’ うろうろ, cioè il vagare frenetico di chi è agitato);
- parole che rappresentano stati d’animo o moti psicologici od emotivi (ad esempio, ‘moya-moya’ もやもや, cioè il rimuginare su qualcosa).
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Armonie stagionali
Breve ricognizione sul dualismo stagionale all’interno dello haiku.
La presenza di tale riferimento stabilisce peraltro un legame tra percipiente (l’individuo-poeta) e percepito (il contesto naturalistico) che travalica il binomio soggetto-oggetto, operando piuttosto una reciproca compenetrazione e comprensione, anche storico-culturale, che nello haiku giapponese trova la massima espressione nel concetto di hon’i 本意 (honto no imi 本当の意味, ossia ‘significato vero’).
Cinque haiku di Penny Harter
evening rain
the cat licks his fur
on the bed
pioggia serale
il gatto si lecca il pelo
sopra il letto
silhouette
fisherman’s net
at dusk
silhouette
la rete del pescatore
al crepuscolo Leggi tutto “Cinque haiku di Penny Harter”